Dacché Nabucodonosor elevò i giardini pensili di Babilonia pur di lenire la nostalgia della sua sposa per le colline dell'infanzia, il giardino è sempre stato una seconda natura, foggiata dall'uomo in base alla sua cultura ed esperienza. Ma di questi tempi il giardino è anche un campo di battaglia ideologico ed etico fra l'«utopia suburbana» del prato sempre perfettamente curato e la ribellione contraddittoria dei cultori della wilderness, discepoli di Thoreau. Per fortuna esiste un terzo partito – quello che fu, ad esempio, di Alexander Pope, che agli architetti del paesaggio suoi contemporanei consigliava semplicemente: «Consulta sempre il Genio del luogo».

Il parco Negombo

Piscine termali e marine, bosco, giardino, aiuole rigogliose, il mare e la roccia vulcanica: tutto racchiuso in un unico luogo, magico e affascinante. È il Negombo, un parco idrotermale situato nella baia di San Montano a Ischia.

San Montano è una profonda baia racchiusa tra il monte Vico e il promontorio di Zaro in uno dei più suggestivi angoli di Ischia, un'isola dove sin dai primi decenni del XX secolo si è diffusa la cultura della balneazione. Il giardino che possiamo ammirare oggi è il risultato di un lungo lavoro iniziato nel 1947 dal duca Luigi Silvestro Camerini, imprenditore e antifascista veneto (ma anche viaggiatore che molti ricordano perennemente vestito con abiti coloniali, innamoratosi del Sud dopo il confino a Ponza), proseguito dagli eredi e, nel 1988, dall’intervento appassionato di Ermanno Casasco. Nell'intenzione originaria di Camerini il territorio doveva ospitare un giardino botanico irrigato con un complesso anche se rudimentale sistema di vasche e percorso da sentieri scavati nella roccia del monte Vico.

Non fu impresa facile creare una proprietà unica e vasta come il Negombo, giacché all'epoca il terreno era suddiviso in lotti coltivati a orto di proprietà di molte famiglie differenti. Per accorparli furono necessari alcuni anni e non poche battaglie, ma, alla fine, arrivarono cicas, cocos, ficus elastici, zamie, sterlizie che giustificarono anche quel curioso nome rubato a una baia di Ceylon, visitata in uno dei viaggi dal Duca. Lo spirito della natura mediterranea non fu soppiantato dall'arrivo di essenze africane, australiane, giapponesi o brasiliane. Se ne percepisce la presenza ma non è in contrasto con le altre essenze. Negli anni Settanta il luogo passò da parco privato a parco idrotermale aperto al pubblico (per raggiungere l'autofinanziamento e salvare questo patrimonio verde) e, negli anni Ottanta, il figlio del duca, Paolo Fulceri Camerini,dopo aver realizzato le principali piscine e i servizi di bar e ristorazione, percepì la necessità di rimettere mano alla struttura del giardino per farne un insieme più armonico e meno 'selvaggio'.

L'inizio di un nuovo capitolo

L'arrivo delle prime piante negli anni cinquanta.

Dal 1988 fu incaricato dell'opera il paesaggista Ermanno Casasco, il cui principale impegno fu quello di costituire una continuità visiva all'interno del giardino e sviluppare nuove aree

Impegno portato certamente a termine ed ancora oggi “work in progress” costante. Ecco dunque l'introduzione di piante mediterranee che non erano presenti (o che non erano sopravvissute) come il mirto, l'olivo, il sughero, ma anche, coerentemente rispetto all'idea originaria di parco botanico, la messa a dimora di nuove essenze australiane o americane, perfettamente integrate nell'insieme(Metrosideros, Malaleuca, Macrozamia, Erytrina, ecc.ecc). Ed ecco, dal punto di vista strettamente architettonico, il recupero dei terrazzamenti, dei muri a secco, della scala centrale, l'inserimento di cadute d'acqua sulle balze e la creazione di nuove esperienze termali più che banali piscine(Il labirinto, Maya, Templare, Onphalos, Nesti). Non ultimo l’introduzione nel paesaggio di un percorso “artistico”con l’installazione di numerose opere di arte contemporanea a partire dal grande arco in ceramica di Arnaldo Pomodoro “Arc-en-ciel”e l’opera “Riva dei Mari”. Il “Volo” opera in bronzo di Giuseppe Maraniello. Lo “Strale” di Lucio del Pezzo , “Gli occhi di Neri e di Nesti” di Laura Panno, “Sprigionamenti” di Gianfranco Pardi, “Incontri” di Simona Uberto.

Uno dei punti di forza del Negombo è che non si può disgiungere questo paesaggio con la funzione pratica del luogo. Del resto lo sfruttamento a fini medico-salutari delle terme è, come tutti sappiamo, storia antica. I Romani già conoscevano e frequentavano questi luoghi, dove sorgevano ville e giardini di grande bellezza. Con alterne vicende, nel corso dei secoli le terme non furono del tutto abbandonate e vennero riscoperte, come si accennava, con l'inizio del secolo, in concomitanza con la valorizzazione della balneazione.

Una cornucopia.. d'acqua

La Baia di San Montano e l’insediamento del Parco Negombo sono tra i bacini più ricchi e fertili di pozzi termali.

Il sito archeologico

Nella baia di San Montano è ubicata la necropoli dell'antica Pithecusa, uno dei più antichi stanziamenti greci d'occidente. Attorno al 770 a.c. vi sbarcano gli Eubei, probabilmente attratti dalla posizione protetta della baia che offriva alle loro navi un sicuro riparo da venti e mareggiate (sia spostandosi sui due lati di Monte Vico sia, in casi estremi, tirando a secco le imbarcazioni sulla spiaggia).
La maestria degli Eubei nella fabbrica di anfore in terracotta ha consentito il ritrovamento di moltissimi reperti di grande valore archeologico che oggi si possono ammirare nel locale museo di Villa Arbusto. La perfezione delle forme e il gusto cromatico raggiungono il culmine nella bellissima Coppa di Nestore.
kotyle rodia "Coppa di Nestore"

Il più antico documento di lingua greca

La Coppa di Nestore su Wikipedia

Termalismo

Fin dai tempi degli Etruschi, le acque termali venivano utilizzate dai sacerdoti, per rituali di tipo religioso; con l’avvento dei Romani, il termalismo si diffuse enormemente con la creazione di numerosissime stazioni termali su tutto il territorio italico. Grazie ai complessi ed innovativi studi scientifici, che in quel periodo iniziarono a svilupparsi, furono anche introdotti i primi protocolli terapeutici.
Questa ricchezza naturale ha reso famosa Ischia fin dall’antichità: Strabone e Plinio hanno spesso accennato nei loro scritti al potere terapeutico delle acque dell’isola. La rinomanza delle terme ischitane ha subìto nei secoli vicende alterne: conosciute all’epoca della Magna Grecia, esse vennero riscoperte dai romani dell’epoca imperiale e, dopo secoli di oblio, vennero studiate dal medico Jasolino alla fine del ‘600.
L'arte contemporanea
Il volo
Il suggestivo angelo in bronzo dell'artista napoletano Giuseppe Maraniello, senza tempo e con entrambi i sessi. Si staglia dalla parete rocciosa dominandone i fitti sentieri e librandosi verso il mare osserva la baia
L'Arco in Cielo, Rive dei Mari
Le due opere di Arnaldo Pomodoro, un maestoso arco verde in acciaio smaltato e greificato nel centro del parco e una misteriosa struttura marina installata all'interno del ristorante Al FuGà
Gli occhi di Neri e Nesti
Sculture piene di Laura Panno, trasparenti, lisce, che sembrano levigate dal mare, conservano nei bagliori la memoria dei lapilli del vulcano. Sorvegliano la grotta e ne rendono magica la salubre sosta
Lo Strale per il Negombo
Uno zigzag colorato dagli angoli nervosi di Lucio Del Pezzo, che come un lampo precipita sulla terra, e come un albero svetta verso il cielo. Un segno preistorico, uno squillo visivo slanciato e potente
Sprigionamenti
Il cubo giallo fluo di Gianfranco Pardi che, cadendo dallo spazio, sembra essere atterrato nella parte alta delle balze. Il pieno e vuoto degli intricati piani interni proietta complesse ombre sul terreno al tramonto
Incontri
Figure colorate alte circa 40 cm in ceramica smaltata, realizzate a mano da Simona Uberto. Installate a parete di taglio per una visione multipla, sospese nello spazio vuoto, formano un’unica coralità espressiva.

Una Seconda Natura

Leggi altri articoli

Per le ultime novità, scoprici sui social network